La Francia che scende in piazza per il no ai matrimony gay è un monito per
la politica italiana
Assuntina MorresI
E’ del tutto irrilevante che siano stati
in mezzo milione oppure in ottocentomila i francesi a sfilare a Parigi, ieri
pomeriggio, contro i matrimoni gay così ostinatamente voluti dalla
sinistra al governo: le foto di una folla immensa e colorata (che comunque
farebbero più pensare agli ottocentomila) stanno facendo il giro del mondo,
mostrando l’evidenza di una grande manifestazione popolare e trasversale negli
orientamenti e nelle convinzioni religiose e politiche, riunita in nome
dell’evidenza elementare di essere
“tutti nati da un uomo e una donna”.
Che questo succeda nella laicissima Francia, patria dei Pacs, mostra quanto
poco confessionale sia la battaglia che vuole difendere il matrimonio come
istituzione dedicata solamente alle unioni eterosessuali: ostinarsi a
confinarla in un recinto cattolico, e magari pure “conservatore”, significa non
volerne proprio comprendere l’importanza, e la portata.
Riconoscere l’esperienza umana primaria
che ci accomuna tutti, e cioè che ognuno di noi è nato da un uomo e da una
donna, e tutelare questo fondamento della convivenza umana con il matrimonio:
se quarant’anni fa qualcuno avesse detto che manifestazioni nazionali sarebbero
state convocate per difendere tutto questo, in pochi ci avrebbero creduto.
Ma siamo al tempo della questione
antropologica, ossia del tentativo di ridisegnare i confini dell’umano, quasi una nuova
creazione consentita anche dal susseguirsi delle scoperte e delle applicazioni
scientifiche e della biomedicina in particolare. E il matrimonio gay è un passo fondamentale in questa direzione, perché
nega la caratteristica basilare dell’umanità, quella di essere costituita da
persone sessuate, cioè da maschi e da femmine.
Fin dal concepimento ognuno di noi è stato uomo o donna: mai, neppure nei
primissimi attimi dell’esistenza, esiste una vita umana che non sia già
definita nel suo essere maschio o femmina (e quando alla nascita il sesso non è
chiaramente attribuibile, si parla di patologie).
E’dalla unione delle differenze che
nasce la vita: con il matrimonio omosessuale si vuole negare questa elementare evidenza,
perchè equiparare completamente coppie omosessuali ed eterosessuali e quindi
riconoscere a tutte loro, indistintamente, la possibilità di adottare figli o
procurarsene attraverso compravendita di gameti, uteri in affitto e via
dicendo, significa stabilire per legge una menzogna, e cioè che dei figli
possano nascere anche da due maschi o da due femmine, e che quindi non hanno
bisogno di un padre e di una madre, distinti.
Altra elementare evidenza dai fatti francesi è che il riconoscimento delle
unioni di fatto omosessuali – i Pacs – è stato, in Francia come altrove, solo
il passo intermedio che porta inevitabilmente, prima o poi, anche alla
legalizzazione del matrimonio omosessuale, con tutte le conseguenze del caso.
Ed è importante esserne consapevoli, adesso che in Italia siamo in piena
campagna elettorale: l’apertura al
riconoscimento delle unioni di fatto tentata dal governo di sinistra presieduto
da Romano Prodi, bloccata allora dal Family Day, e attualmente riproposta dalla
“ditta” Bersani&Vendola, non può essere sottovalutata da chi ha a cuore la
famiglia come definita dalla nostra costituzione, unione naturale fra un uomo e
una donna.
E da ultimo, la manifestazione francese sta a dimostrare che è illusorio poter pensare di escludere
i temi etici dall’agenda politica: sarebbe come dire che chi si candida a
governare intende lasciare alle iniziative dei singoli eletti e alle loro
coscienze le politiche sanitarie, o il welfare, o l’ambiente. Semplicemente,
non sarebbe neppure preso in considerazione dall’elettorato.
E’ necessario perciò che nei programmi
elettorali sia chiara la direzione che i partiti seguiranno in questo ambito: se così non fosse,
quei raggruppamenti che non volessero definire una linea politica a riguardo,
dimostrerebbero tutta la propria inadeguatezza a governare.
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