IL PAPA, L’ANNUNCIO,
LA VERITÀ.
·
scritto da Aldo Maria Valli
Domenica 25 settembre, mentre il
papa in piazza San Pietro pronuncia l’omelia
nella messa per il giubileo dei catechisti, a un certo punto mi sento
tirare per la giacca.
Mi volto di qua, mi volto di là, ma
non vedo nessuno. Mistero. Poi di nuovo quella tirata. Ed ecco lì, accanto a
me, l’anima di Gilbert Keith Chesterton!
Non c’è dubbio. È proprio lui: il
buon vecchio Gilbert, con tanto di baffoni spioventi e occhialetti in bilico
sul naso!
«Scusa Gilbert – gli dico – non vedi
che sono in diretta tv? Che vuoi?».
L’anima di Chesterton mi guarda e
poi indica il testo del papa. Mi invita a dare un’occhiata ai primi paragrafi,
ma io proprio non posso: sto lavorando, che diamine!
Dico a Chesterton di portare
pazienza. Gli risponderò quando avrò un minuto di calma, cosa assai difficile,
per la verità, per un povero cronista.
Oggi comunque un minuto ce l’ho, e
dunque vediamo: cos’è che voleva farmi notare l’amico Gilbert?
Ah, ecco, sì, questa frase del papa:
«È amando che si annuncia Dio-Amore: non
a forza di convincere, mai imponendo la verità, nemmeno irrigidendosi attorno a
qualche obbligo religioso o morale. Dio si annuncia incontrando le persone, con
attenzione alla loro storia e al loro cammino. Perché il Signore non è un’idea,
ma una Persona viva: il suo messaggio passa con la testimonianza semplice e
vera, con l’ascolto e l’accoglienza, con la gioia che si irradia. Non si parla
bene di Gesù quando si è tristi; nemmeno si trasmette la bellezza di Dio solo
facendo belle prediche. Il Dio della speranza si annuncia vivendo nell’oggi il Vangelo
della carità, senza paura di testimoniarlo anche con forme nuove di annuncio».
Beh, mi sembra un passo molto bello,
molto condivisibile, molto…
Ma, che succede? Di nuovo mi sento
tirare per la giacchetta.
«Oh, eccoti qua! Bentornato mister
Chesterton! Dunque, perché mi chiedevi di rileggere questo passo?».
«Ma come – bofonchia Gilbert
succhiando un sigaro puzzolente – non
noti qualcosa che non va?».
«Veramente no. Mi sembrano pensieri
pieni di fede in Dio e amore per le persone».
«Sei proprio un giornalista,
superficiale come tutti quelli della tua specie! Leggi e rifletti. Il papa dice
che Dio, che è Amore, si annuncia amando. Ma
che significa amare? Qui sta il punto».
«E
il papa mi sembra chiaro nella risposta: significa non cercare di convincere, non
imporre la verità, non irrigidirsi su qualche obbligo religioso o morale, bensì
incontrare le persone, prestare attenzione alle loro storie, ai loro cammini. E
farlo con gioia, non con la faccia corrucciata. Non è bellissimo?».
Nuvoletta di fumo dal sigaro.
«Amare – dice Gilbert –
significherebbe dunque incontrare le persone, e sorridere…».
«Esatto».
«Ma che significa incontrare le persone?».
«Beh, credo che significhi cercare
di capirle, consolarle, dire loro qualche parola buona, mettersi nei loro panni,
senza giudicare, senza provocare disagio…».
Altro fumo dal sigaro, sempre più
puzzolente.
«Ma non ti sembra, amico mio, che
questo lo facciano già in tanti? Voglio dire:
ovunque puoi trovare qualche forma di consolazione sotto forma di incontro,
accompagnamento e compagnia bella. Io,
francamente, dalla Chiesa mi aspetterei qualcos’altro. Qualcosa di più. Mi
aspetterei l’annuncio della Verità. E poi, a dirla tutta, se c’è qualcuno
che ogni giorno viene messo a disagio, in questo mondo scristianizzato e ormai
pagano, è proprio il credente cattolico. Il problema non è che noi possiamo
mettere a disagio gli altri: il problema è che gli altri mettono continuamente
a disagio noi!».
«Senti Gilbert, tu sai che al papa
sta molto a cuore la misericordia. Inoltre non credo proprio che lui suggerisca
di rinunciare all’annuncio della Verità».
«Ah, la misericordia! Anche in questo caso, tutto
considerato, penso che dovrebbe essere il mondo a dimostrare un po’ di
misericordia verso noi cattolici!».
«Vedo che ti piace rivoltare la
frittata…» .
«Non rivolto un bel niente. Sono
realista».
«D’accordo, ma non puoi dire che non
ci sia bisogno di incontro, di accompagnamento…».
«Bah! Che cosa significa incontrare? E accompagnare? Incontrare le persone,
da quel che intuisco, vorrebbe dire fare i conti con le loro singole
situazioni. Vorrebbe dire comprenderle. Giusto? Ma qui siamo, se mi si passa il
termine, in pieno situazionismo spirituale. E come la mettiamo con la verità?
Anzi, con la Verità?».
«Gilbert, vedo che non vuoi capire.
La verità, anzi la Verità, la si
testimonia proprio nell’incontro, nell’accompagnare l’altro con amicizia e
spirito di comprensione. Immagino che il papa intenda questo. È un impegno che
richiede molta passione, molta fatica. Ben più facile è limitarsi a enunciare
qualche precetto facendolo cadere dall’alto, senza coinvolgersi».
«Uhm! Non mi convinci. Gesù
incontrava tutti, e va bene, ma certamente non rinunciava ad annunciare la
Verità, anche in modi bruschi, e a ribadire la validità dei comandamenti, con
tutte le conseguenze morali che ne derivano. “Non sono venuto a portare la
pace, ma una spada…”».
«Ma, scusa, come non essere
d’accordo con il papa quando raccomanda di non irrigidirsi attorno agli
obblighi religiosi e morali?…».
«Io non so che cosa intenda con il
verbo “irrigidirsi”. Quello che so è che
senza obblighi religiosi, e dunque morali, l’idea di verità resta vuota, senza
sostanza, come un sacco pieno d’aria».
«Scusa tanto, caro il mio Gilbert,
ma il papa ricorda, e secondo me fa bene, che il Signore non è un’idea, ma una
Persona. Nessuno si innamora di un’idea, per quanto alta e nobile possa essere,
né tanto meno di un precetto o di un obbligo religioso o morale. L’amore per
una persona è qualcosa di caldo, di vitale. Bisogna fare i conti con tutto: gli
errori, le cadute, le contraddizioni…».
Fumo di sigaro a tutto spiano.
«Certo, certo. Ma Gesù è il Maestro.
E il maestro insegna. E gli insegnamenti di un maestro sono fatti di contenuti.
E nei contenuti il discepolo trova le indicazioni per la vita di quaggiù e
soprattutto per guadagnarsi quella di quassù. Trova oggettivamente la
differenza tra bene e male, tra virtù e peccato. Incontrare, ascoltare, accogliere e accompagnare sono verbi che
suonano bene alle orecchie della modernità, ma che significano? Bisogna
riempirli di contenuti!».
«Senti, Gilbert. Tu sei nato nel
1874 e passato a miglior vita nel 1936. Ti rendi conto? Da allora tutto è
cambiato, non siamo più nello stesso mondo! Adesso abbiamo la società liquida,
il pensiero debole, tutte queste cose, e tu mi vieni a parlare di contenuti
oggettivi. L’uomo di oggi ha bisogno di altre parole, di altri metodi. Cerca di
capire…».
L’anima di Chesterton, piuttosto
corpulenta a dire il vero, incomincia ad agitarsi.
«Capisco fin troppo bene, vecchio
mio. E vedo che anche nella Chiesa è
entrata la filosofia della situazione, del singolo caso. Per cui non c’è più
una verità oggettiva, ma c’è soltanto una verità soggettiva: tante verità
quanti sono i soggetti, quante sono le condizioni di vita dei soggetti. Ne
prendo atto. Ma sai come si chiama questo?».
Pausa con fumo.
«Dimmelo tu, Gilbert».
«Si chiama relativismo, vecchio mio».
«Senti Gilbert, adesso esageri.
Restiamo alle parole del papa. Poco prima della frase che mi hai chiesto di
rileggere, Francesco dice che non bisogna stancarsi di mettere al primo posto l’annuncio della risurrezione del Signore, e
aggiunge che “non ci sono contenuti più importanti” e che “nulla è più solido e
attuale”. Eccola qua la verità oggettiva, che ti sta tanto a cuore. Nero su
bianco».
«È vero, e trovo che il papa abbia
fatto molto bene a ricordarla. Ma mi sarei aspettato che, subito dopo, dicesse:
ecco la verità che siamo chiamati a
proclamare a tutti, specie in un mondo che va nella direzione della melassa
situazionista, ecco l’annuncio da proporre incessantemente e che
inevitabilmente deve sostanziarsi in precisi obblighi religiosi e morali,
perché altrimenti si resta nel vago e si sfocia nella falsità. E la
menzogna, come sai, non è mai tanto falsa come quando si avvicina molto alla
verità».
«Oh Gilbert, ti prego! Non è il caso
che citi le tue famose parole. Resta il fatto che secondo me sei davvero troppo
critico».
Altro sigaro, altro fumo.
«Certo che sono critico, nel senso etimologico della
parola. Criticare viene da krino, cioè giudicare, nel senso di
distinguere. L’uomo dotato di ragione è un uomo che distingue. Ma voi avete
perso questa buona abitudine: mettete tutto insieme, e così avete perso anche
il desiderio di cercare la verità. La maggior parte delle filosofie moderne non
sono filosofia, ma dubbio filosofico».
«Gilbert, ti prego, ho detto basta
con le autocitazioni. Non è elegante».
«D’accordo, ancora una e poi basta:
tutto il mondo moderno è in guerra con la ragione, e la torre già vacilla. Ecco
il problema. Siete saturi di
sentimentalismo. Niente più ragione, solo sentimentalismo centrato sulle
singole situazioni. Di qui tutta la retorica dell’incontro, dell’accompagnare.
Ma l’incontro va riempito di contenuti oggettivi: altrimenti, perché
incontrarsi?».
«Senti, Gilbert, io non credo
proprio che il papa, quando dice di non irrigidirsi attorno ai principi morali,
voglia rinunciare ai contenuti. Propone solo un metodo che lui ritiene giusto
per l’uomo di oggi».
Fumo, molto fumo di sigaro.
«Ah! Però dice che la bellezza di Dio non si trasmette
solo facendo belle prediche. E, dicendo questo, lascia intendere che chi
è attento ai contenuti alla fine è un formalista, anche un po’ musone. Ma se
c’è qualcosa di peggio dell’odierno indebolirsi dei grandi principi morali, è
l’odierno irrigidirsi dei piccoli principi morali».
«Gilbert! L’avevi promesso: niente
più citazioni tratte da te stesso! Guarda, io credo che questa nostra
conversazione non abbia molti sbocchi. E poi adesso ho da fare».
«D’accordo. Ma a voi cattolici contemporanei, che
siete tanto presi dall’aggiornamento e non avete più riguardo per la filosofia
cristiana, vorrei dire ancora una cosa: una nuova filosofia in generale
significa in pratica l’espressione di qualche vecchio vizio».
«Gilbert! Sei incorreggibile!
Lasciatelo dire, vecchio scorbutico! La prossima volta non ti lascerò
tanto spazio! Capito? Ehi, Gilbert? Gilbert!?».
Niente, se n’è andato.
E guarda qui quanti mozziconi di
sigaro. Ora mi tocca anche pulire.
Aldo Maria Valli
Aldo Maria Valli
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