Leggendo le cronache dei giornali in
occasione della morte e dei funerali
laici di Dario Fo, giullare, premio Nobel per la letteratura, artista controverso, si è potuto
vedere che molti lo hanno celebrato.
Qualcuno ha ricordato la sua giovanile
militanza nel battaglione "Mazzarini" della Guardia Nazionale della
Repubblica di Salò, In molti hanno ricordato i suoi pregi di uomo, di attore,
di vicino di casa.
Ora ogni cosa ha meno importanza, credo che la morte sia la
livella di cui parlava Totò, ci si presenta di là nudi, con i nostri pregi, i
nostri peccati, con le cose che avremmo voluto far bene e non abbiamo fatto, finalmente senza maschere.
Mi ha colpito quanto ha detto il figlio durante la celebrazione del funerale laico: «Noi siamo comunisti e atei, però mio padre non ha mai smesso di parlare con mia madre e chiederle consiglio. Siamo anche un po’ animisti, perché non è possibile morire veramente. Sono sicuro che adesso sono insieme e si fanno delle gran risate».
Ecco, siamo convinti che Dio non esista, che alla fine non ci sia più nulla da dire se non “Ciao”.
Così convinti che il mistero della vita e della morte sembra non sfiorarci anche se in verità abita nelle nostre carni, tanto che seppur morti, i nostri cari li sentiamo addosso, e non è solo il ricordo, l’affetto, la quotidianità che ci ha legati a loro, c’è altro.
Quello che don Giussani chiamava “senso
religioso”.
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