Un Papa poco politicamente corretto critica le colonizzazioni ideologiche
del pensiero unico sulla sessualità, ma ricorda che gli omosessuali non vanno
demonizzati, anzi. Analisi delle parole di Bergoglio dopo il suo viaggio nel
Caucaso.
Roma. L’ultima volta che
aveva parlato in modo esplicito di gender, Francesco l’aveva definito come “l’espressione di una frustrazione”.
Poco prima – parlando
con i giovani riuniti a Napoli, nel marzo d’un anno fa – parlò di “uno sbaglio della mente umana che fa tanta
confusione”.
A Tbilisi, sabato, aveva usato una delle metafore più
gravi nel registro che è solito usare: guerra mondiale contro il matrimonio.
Ieri, conversando con
i giornalisti sull’aereo che lo riportava a Roma dopo i tre giorni trascorsi
nel Caucaso, ha chiarito che si riferiva
“a quella cattiveria che oggi si fa con l’indottrinamento”. Il Papa ha
raccontato quanto gli disse un padre francese con un figlio di dieci anni:
“Alla domanda ‘cosa vuoi fare da grande’ ha risposto: la ragazza! Il padre si è
accorto che nei libri di scuola si insegnava
la teoria gender, e questo è contro le cose naturali.
Una cosa è la persona che ha questa tendenza, o anche
che cambia sesso. Un’altra – ha aggiunto – è fare insegnamenti nelle scuole su
questa linea, per cambiare la mentalità: io chiamo questo colonizzazione
ideologica”.
Quanto detto a Tbilisi
ha fatto rumore, vuoi perché s’è trattato di una frase pronunciata all’estero
in un viaggio delicato e irto di ostacoli (palesati con l’assenza ben visibile
della delegazione ortodossa alla messa celebrata dal Pontefice di Roma sabato
mattina in Georgia), vuoi perché pronunciata a braccio e quindi carica
dell’emozione che la lettura d’un discorso scritto, corretto e bilanciato non
può offrire.
Padre Antonio Spadaro,
direttore gesuita della Civiltà Cattolica, ha spiegato tramite Twitter che il
Papa “non intende attaccare teorie” bensì che “si esprime contro le ideologie, di ogni segno che colonizzano
l’esperienza umana”. Francesco,
però, è stato ben più chiaro e diretto di quanto tentino di fare le riletture
ex post che finiscono inevitabilmente per diluire nel politicamente corretto il
pensiero di Bergoglio.
Il Pontefice, infatti, stava rispondendo a una domanda
diretta, postagli da una madre di famiglia, preoccupata dalle “nuove visioni
della sessualità come la teoria gender la marginalizzazione della visione
cristiana”. Come ha precisato il
Papa, è necessario distinguere tra la somministrazione ideologica (che si fa
anche a scuola) e le persone che “si devono accompagnare”. “Nella mia vita di sacerdote – ha aggiunto Francesco – di vescovo e di
Papa io ho accompagnato persone con tendenze e anche pratiche omosessuali. Li
ho avvicinati al Signore e mai li ho abbandonati”. Ma quando c’è stato da
combattere le tante colonizzazioni ideologiche, Bergoglio spesso si è messo in
prima fila, pur evitando l’arroccamento dietro fortini che ovunque si sono
dimostrati facilmente espugnabili.
Nel 2010, mentre in
Argentina si discuteva l’approvazione del disegno di legge che legalizzava il
matrimonio e le adozioni omosessuali, l’allora arcivescovo di Buenos Aires
inviò una lettera a un gruppo di monache di clausura in cui esplicitava la sua
posizione sul tema. “E’ in gioco –
scriveva – l’identità e la sopravvivenza della famiglia: padre, madre e figli.
E’ in gioco la vita di molti bambini che saranno discriminati in anticipo e
privati della loro maturazione umana”, “è un tentativo distruttivo del disegno
di Dio”. Non è – chiariva – “solo un disegno di legge, ma è una mossa del padre
della menzogna che cerca di confondere e ingannare i i figli di Dio”.
Non più tenero si è
mostrato in relazione all’aborto e all’eutanasia, che pure trova diverse espressioni
dialoganti anche all’interno della stessa chiesa cattolica. Ricevendo in
Vaticano l’Associazione dei medici cattolici italiani, disse che “il pensiero dominante propone a volte
una ‘falsa compassione’: quella che ritiene sia un aiuto alla donna favorire
l’aborto, un atto di dignità procurare l’eutanasia, una conquista scientifica
‘produrre’ un figlio considerato come un diritto invece di accoglierlo come
dono; o usare vite umane come cavie di laboratorio per salvarne presumibilmente
altre”.
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