Il Serenissimo e Cristianissimo arcivescovo di Chieti afferma che chi è contro la comunione ai divorziati risposati non crede nel Vangelo, ma in Putin
"Quelle nostalgie tra gli oppositori di Francesco"
L’arcivescovo di
Chieti: «Chi ha paura del rinnovamento non crede al Vangelo»
«Chi ha paura del
rinnovamento, non crede al Vangelo». Agli oppositori di Francesco che
individuano in Putin il difensore della cristianità, l’arcivescovo di
Chieti-Vasto, Bruno Forte applica le categorie della «cecità ideologica» e
della «nostalgia strumentale».
Nell’inchiesta pubblicata ieri sul La Stampa viene ricostruita la
galassia anti-Bergoglio e il presidente della Commissione Cei
per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso individua le «storture teologiche»
del dissenso al Pontefice della misericordia.
Lefebvriani,
ultraconservatori che evocano crociate contro l’invasione islamica, nemici del
Concilio e avversari delle aperture pastorali del Papa argentino sulla
comunione ai divorziati risposati e sul dialogo con il governo cinese. Lei è
stato segretario speciale al recente Sinodo dei vescovi sulla Famiglia, cosa
tiene insieme un’opposizione al Pontefice così diversificata?
«L’interesse unificante
è il mantenimento dello status quo. Il Vangelo è libertà, rinnovamento,
docilità allo Spirito Santo. Non credere al Vangelo induce a scambiare per
pericoloso sovversivo chi predica la parola di Gesù. La paura del rinnovamento
nasconde la paura dello Spirito Santo che guida la Chiesa. Ma è un fenomeno da
ricondurre nelle sue reali dimensioni. E proprio la lezione del Sinodo è utile
al riguardo».
Si riferisce alle
resistenze interne alle gerarchie ecclesiastiche?
«All’inizio sembrava che
la Chiesa fosse spaccata in due e invece alla fine c’è stata una grande
maggioranza al Sinodo. La collegialità episcopale ha sconfessato le posizioni
estreme di chiusura e di opposizione a un libero confronto».
Al Papa viene addebitata
anche l’accoglienza verso i migranti?
«Di fronte a un
cambiamento epocale come il fenomeno migratorio, un conto è un atteggiamento di
comprensibile preoccupazione, un altro è la negazione ideologica, pregiudiziale
e anti-evangelica di qualunque forma di accoglienza. Le migrazioni non sono
solo questione di trasferimento di persone. È giusto interrogarsi su come
garantire buona integrazione».
Perché Francesco provoca
reazioni accese di dissenso?
«Contro il Papa si
coalizzano chiusura culturale, nostalgie, staticità di atteggiamenti ideologici
e politici. Invece di abbandonarsi al Dio, frange minoritarie si arroccano. È
un’operazione, però, senza prospettive».
La stupisce
l’esaltazione del presidente russo Vladimir Putin da parte degli ultratradizionalisti
che attaccano papa Bergoglio?
«No. È la dimostrazione
che quando prevale la cecità ideologica tutto diventa strumentale e ci si
arrampica sugli specchi pur di sostenere le proprie ragioni fino a raggiungere
scenari impensabili. Gesù stende le braccia sulla croce ad abbracciare tutti,
quindi preghiamo perché gli oppositori del Papa ritrovino serenità e lucidità
per discernere. Soltanto così vedranno quale dono provvidenziale sia questo
pontificato».
tratto da
Questo articolo è stato
pubblicato nell’edizione odierna del quotidiano La Stampa
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