mercoledì 19 ottobre 2016

MANCA SOLO LA SCOMUNICA E IL ROGO.

Il Serenissimo e Cristianissimo arcivescovo di Chieti afferma che chi è contro la comunione ai divorziati risposati non crede nel Vangelo, ma in Putin
"Quelle nostalgie tra gli oppositori di Francesco"
L’arcivescovo di Chieti: «Chi ha paura del rinnovamento non crede al Vangelo»


«Chi ha paura del rinnovamento, non crede al Vangelo». Agli oppositori di Francesco che individuano in Putin il difensore della cristianità, l’arcivescovo di Chieti-Vasto, Bruno Forte applica le categorie della «cecità ideologica» e della «nostalgia strumentale». 

Nell’inchiesta pubblicata ieri sul La Stampa viene ricostruita la galassia anti-Bergoglio e il presidente della Commissione Cei per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso individua le «storture teologiche» del dissenso al Pontefice della misericordia.

Lefebvriani, ultraconservatori che evocano crociate contro l’invasione islamica, nemici del Concilio e avversari delle aperture pastorali del Papa argentino sulla comunione ai divorziati risposati e sul dialogo con il governo cinese. Lei è stato segretario speciale al recente Sinodo dei vescovi sulla Famiglia, cosa tiene insieme un’opposizione al Pontefice così diversificata?
«L’interesse unificante è il mantenimento dello status quo. Il Vangelo è libertà, rinnovamento, docilità allo Spirito Santo. Non credere al Vangelo induce a scambiare per pericoloso sovversivo chi predica la parola di Gesù. La paura del rinnovamento nasconde la paura dello Spirito Santo che guida la Chiesa. Ma è un fenomeno da ricondurre nelle sue reali dimensioni. E proprio la lezione del Sinodo è utile al riguardo».

Si riferisce alle resistenze interne alle gerarchie ecclesiastiche?
«All’inizio sembrava che la Chiesa fosse spaccata in due e invece alla fine c’è stata una grande maggioranza al Sinodo. La collegialità episcopale ha sconfessato le posizioni estreme di chiusura e di opposizione a un libero confronto».

Al Papa viene addebitata anche l’accoglienza verso i migranti?
«Di fronte a un cambiamento epocale come il fenomeno migratorio, un conto è un atteggiamento di comprensibile preoccupazione, un altro è la negazione ideologica, pregiudiziale e anti-evangelica di qualunque forma di accoglienza. Le migrazioni non sono solo questione di trasferimento di persone. È giusto interrogarsi su come garantire buona integrazione».

Perché Francesco provoca reazioni accese di dissenso?
«Contro il Papa si coalizzano chiusura culturale, nostalgie, staticità di atteggiamenti ideologici e politici. Invece di abbandonarsi al Dio, frange minoritarie si arroccano. È un’operazione, però, senza prospettive».

La stupisce l’esaltazione del presidente russo Vladimir Putin da parte degli ultratradizionalisti che attaccano papa Bergoglio?
«No. È la dimostrazione che quando prevale la cecità ideologica tutto diventa strumentale e ci si arrampica sugli specchi pur di sostenere le proprie ragioni fino a raggiungere scenari impensabili. Gesù stende le braccia sulla croce ad abbracciare tutti, quindi preghiamo perché gli oppositori del Papa ritrovino serenità e lucidità per discernere. Soltanto così vedranno quale dono provvidenziale sia questo pontificato».

tratto da

Questo articolo è stato pubblicato nell’edizione odierna del quotidiano La Stampa


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