All’ombra della Torre Eiffel, dittatori e antisemiti si sono impadroniti
dell’Unesco. Benvenuti nel carrozzone delle turpitudini e della menzogna, dove
Israele è un paria
“Qui si attaccano i valori
fondamentali dell’occidente, i princìpi dei diritti individuali vengono
degradati in favore di nebulosi diritti dei popoli”, disse Jean Gerard,
ambasciatrice americana all’Unesco, nell’annunciare nel 1984 l’uscita degli
Stati Uniti dall’agenzia Onu per la cultura.
La scorsa settimana, l’Unesco ha negato pure i diritti dei popoli. Quelli del
popolo ebraico. L’Unesco ha appena cancellato tremila anni di storia ebraica di Gerusalemme.
Per dirla con il quotidiano Haaretz, “è il giorno in cui l’Onu ha degradato il
sito ebraico più importante al mondo al rango di una stalla”.
E’ una risoluzione così inaccettabile che lo stesso direttore dell’Unesco,
Irina Bokova, e il segretario dell’Onu Ban Ki-moon, hanno ritenuto di doversi
dissociare.
Dire che la collina sopra la città vecchia di Gerusalemme non è il Monte
del Tempio ma “al Aqsa Mosque - al Haram al Sharif” e che il Kotel HaMahariv,
il muro occidentale costruito da Erode e che gli occidentali chiamano Muro del
Pianto, è “al Buraq Plaza”, significa che la più alta istanza mondiale della
conoscenza ha incorporato la posizione estremista nell’islam per cui non c’è
mai stato nessun Tempio a Gerusalemme. Rispetto a quando la signora Gerard
tenne quel discorso, poco è cambiato all’Unesco.
Oggi nel board siedono 58 paesi membri. Di questi, secondo l’organizzazione
non governativa Freedom House, 20 sono “parzialmente liberi”, 15 sono “non
liberi” e soltanto 23 “liberi”. Dittature e autocrazie dominano la commissione
mondiale delle idee. Sono loro a brandire quella che la Heritage Foundation ha
definito “la cultura come arma di propaganda antioccidentale”.
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