Gira questa battuta, attribuita al cardinale Tomáš Špidlik: “Il motivo per
cui la Chiesa ha posto il Credo dopo l’omelia è per invitarci a credere
nonostante ciò che abbiamo ascoltato”.
Allora, è possibile andare a messa e non
perdere la fede?
Riprendiamo un articolo apparso su Zenit il 21 DICEMBRE 2010
Un libro spiega le
ragioni, la storia ed il senso della Messa
Con un
titolo provocatorio e con un testo chiaro e brillante, don Nicola Bux, nominato
dal Santo Padre Benedetto XVI tra i Consultori della Sacra Congregazione per il
Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, ha appena pubblicato il libro
“Come andare a Messa e non perdere la fede” (Edizioni Piemme).
Don Bux spiega cosa non
bisogna fare a Messa, i rimedi che il Pontefice propone per affermare la verità
della liturgia, racconta di quando è nata e cos’è la Santa Messa, educa alla
partecipazione all’Eucaristia e conclude con una riflessione di Vittorio
Messori sul problema dell’omelia.
Nel volume il sacerdote
precisa che l’ultima cena non fu la
prima Messa, perchè come ha spiegato anche Joseph Ratzinger, la cena
celebrata da Gesù alla vigilia della Pasqua ebraica non è ancora una liturgia
cristiana. Anche se con le due benedizioni del pane e del vino si fonda quella
che in greco si chiama Eucaristia.
Di cambiamenti introdotti
dagli apostoli si incomincia ad aver notizia dopo il martirio di Santo Stefano,
quando cacciati dal tempio e dalle sinagoghe, i cristiani si riunirono con
assiduità nelle case il pomeriggio del “primo giorno della settimana” che da
Gesù Dominus prese il nome di Domenica.
San Giustino nella sua “Prima
apologia” spiega all’imperatore Antonio Pio come si celebrava la messa a Roma
nel 155 d.C:, celebrata nel giorno del sole (domenica) con l’ascolto delle
memorie degli apostoli, degli scritti dei profeti, l’omelia e la preghiera
universale, il secondo, la colletta la presentazione del pane e del vino,
l’azione di grazie consacratoria e la comunione.
La spiegazione del titolo si
trova negli intenti che precedono lo svolgersi del libro, quando Bux sostiene che la liturgia cristiana
subisce ai nostri tempi una violenza sottile.
“I suoi riti e simboli – ha
scritto l’autore – sono desacralizzati o sostituiti da gesti profani. In ritardo
sulle ideologie in frantumi, si ricorre a simboli fatti da mano d’uomo, idoli,
come la bandiera arcobaleno usata come stola o tovaglia d’altare”.
Don Bux si chiede cosa fare
per uscire da questa crisi della liturgia e della Chiesa? E risponde facendo riferimento
alle soluzioni che il Pontefice Benedetto XVI sta prospettando.
“Il Papa – è scritto nel libro – ci sta richiamando in tutti i
modi alla conversione, serve le liturgia perchè ‘all’inizio dell’essere
cristiano non c’è decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un
avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la
direzione decisiva’” (Deus caritas est n.1).
“Pertanto – sostiene Bux – la
riforma di Papa Benedetto XVI, mirante a superare le deformazioni al limite del
sopportabile e l’idea che la liturgia possa essere fabbricata, deve rimettere il rito, il sacramento del
sacro ristabilendo i diritti di Dio a essere adorato come lui vuole invertendo
la pericolosa tendenza a creare riti contingenti che assecondano i bisogni
dell’uomo o dell’assemblea”.
Nella prefazione al primo
volume della sua Opera Omnia il Pontefice ha scritto: “Prima di tutto Dio,
questo ci dice l’iniziare con la liturgia; là dove lo sguardo su Dio non è
determinante, ogni altra cosa perde il suo orientamento”.
Bux sottolinea che “la Messa serve alla testimonianza della
fede, a difenderla, a diffonderla” perchè nella Messa “avviene l’adorazione del
Signore Cristo nei nostri cuori che consente di dare ragione agli uomini e alle
donne del nostro tempo della speranza che è in noi con dolcezza, rispetto e
retta coscienza senza vanto ma con la benignità e la pazienza dell’amore”.
Il libro di Bux ribadisce la
spiegazione della Santa Messa rilevando che essa è “il memoriale incruento
della Passione, Morte e Risurrezione del nostro Signore Gesù Cristo”.
Nella parte finale Vittorio Messori analizza i problemi relativi
all’omelia e osserva che la prima difficoltà sta nel linguaggio: termini
come omiletica, carisma, catechesi, presbitero, kerigma, Kenosi, sinassi,
agape, dossologia, teandrico, escatologico, penumatologico, parenetico,
mistagogico, ecumenico, teurgico, esegetico, parresico, soteriologico ecc…
rendono oscuro il significato delle parole.
A questo proposito Messori
indica la soluzione in una regola che è quella aurea di chi scrive e cioè
semplificare, che nel caso specifico significa esprimere un’idea, un concetto
fino in fondo, uno solo, eliminando fronzoli, preamboli, digressioni e poi
svolgerlo in forma chiara e breve.
A tal proposito Messori
ricorda che San Giovanni Bosco che pure era un uomo assai colto, preparava i
testi delle omelie confrontandoli con sua madre Margherita, che aveva fatto
l’equivalente della seconda elementare e che parlava meglio il piemontese che
l’italiano.
Preparando omelie semplici ed
efficaci San Giovanni Bosco divenne un autentico leader della comunicazione e
della cultura popolare.
Per questo motivo nell’ultima di copertina Bux dedica il libro
“a quanti capiscono poco o nulla di quello che si dice durante la Messa, ma
sono devoti, più attenti di un teologo. Quant’è santa la loro partecipazione
alla Messa!”.
Nessun commento:
Posta un commento